Calciopoli. Così Gabriele si è salvato dalla frode sportiva6 minuti di lettura

Lo diciamo subito: si è salvato grazie ad un sms e ad una telefonata che c’erano, ma che per qualcuno non c’erano o non erano rilevanti. Solita storia, insomma. Ma approfondiamola, per chi vuole capirne di più, perchè qui non si tratta più di calcio.

Premessa: Marco Gabriele è di Frosinone. Ciociaria, quindi. Meno di 100 km da Roma.

Per la partita Roma-Juventus del 5 marzo 2005, quella – la ricorderete – del ritorno di Capello, Zebina ed Emerson a Roma, la griglia arbitrale scelta dai designatori (quello facevano, lo ricordo, non designavano!) prevedeva 3 arbitri internazionali più Racalbuto, che internazionale in quel momento non lo era, a completare un quartetto di possibili sorteggiati. Sfortunatamente, viene estratto (da un giornalista) proprio Racalbuto, quello che dei quattro oggettivamente era meno pronto e adatto ad arbitrare un match che già si preannunciava il più difficile dell’anno. Sfiga, ma col sorteggio ci sta (oggi, che invece gli arbitri sono designati, si sceglie direttamente l’arbitro che si ritiene più pronto). Quarto uomo del match infuocato è proprio il “nostro” Marco Gabriele. Assistenti Ivaldi e Pisacreta (il n.1 e il n.2, vero Facchetti?), che sbagliano di tutto, ma che non vengono neanche rinviati a giudizio (mistero).

Questa è l’accusa contenuta nell’avviso di chiusura indagini della procura:

Moggi, Giraudo, Bergamo, Pairetto, Fabiani, Fazi, Racalbuto, Pisacreta, Ivaldi, Gabriele: alterando la corretta e genuina procedura di sorteggio del direttore di gara valida per il campionato di calcio di serie A 2004/05, quella per la designazione degli assistenti del direttore di gara e del quarto ufficiale di gara, predeterminavano il risultato dell’incontro di calcio Roma-Juventus 1-2, risultato perseguito anche mediante la designazione fraudolenta di una terna arbitrale (Racalbuto, Pisacreta e Ivaldi), nonché del quarto ufficiale di gara (Gabriele Marco) tutte persone che si adoperavano per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra di Moggi e Giraudo.

Molti non supereranno, come detto, la richiesta di rinvio a giudizio. Se avete qualche dubbio sulla buona fede degli arbitri, vi consigliamo questa lettura. Per quanto riguarda Gabriele, invece, la storia merita di essere raccontata per intero (alternativamente potete ascoltarla dalla sua stessa voce).

Partiamo dalla fine: nel maggio del 2006, a Coverciano, gli viene notificato un avviso di garanzia per associazione a delinquere e frode sportiva. La partita è Roma-Juventus, come detto. Gabriele, allora, ricevuto l’avviso, fa mente locale. Torna indietro con la memoria, e – per fortuna – riesce ad essere lucido e a ricordare tutto. Questo fatto lo salverà probabilmente da una condanna certa. Pretende di farsi interrogare dalla Procura di Napoli, per difendersi. E viene finalmente ascoltato nel settembre 2006.

In procura, alla presenza dei propri avvocati, gli viene fatta ascoltare una telefonata avvenuta proprio il giorno della gara, subito dopo pranzo, in cui la Maria Grazia Fazi, segretaria CAN, telefona alla signora Francesca, moglie di Gabriele, cercando il marito. Gabriele ha infatti il cellulare spento perchè, come detto, essendo di Frosinone e dovendo arbitrare una partita a Roma, teme di ricevere migliaia di richieste per biglietti gratis, magliette di Totti e magliette di Del Piero. Lo spegne, perciò. Per restare tranquillo. Così la Fazi: «Francesca, non riesco a parlare con Marco. Paolo (Bergamo, ndr) ha bisogno che lui porti con sè (alla gara, in serale, ndr) un telefonino sicuro acceso». “Sicuro”. Apriti cielo. Gli inquirenti pensano subito a male, e per sicuro intendono un telefono svizzero. Inoltre il fatto che Bergamo lo cerchi è indice di volontà di truccare le sorti del match. Un pò tutte le accuse sono fatte così, quindi non c’è da stupirsi. Prove zero. Malignità tante.

Gabriele però, come detto, resta lucido e – per fortuna – ricorda perfettamente come si svolsero le cose quel giorno. Ricorda infatti che, un’oretta dopo, lui tornò a casa, dalla moglie, la quale gli riferì della telefonata della Fazi. Gabriele ricorda pure di aver telefonato alla Fazi, e di averle detto: «Grazia io ho solo questo numero: se Paolo (Bergamo, ndr) mi deve contattare mi chiami su questo numero». Telefonata questa che gli inquirenti “dimenticano”, casualmente. E che, è evidente, fa cambiare drasticamente il senso della precedente. Altro che telefono svizzero! I Carabinieri non la producono, e allora Gabriele, tramite i suoi legali, pretende di visionare i brogliacci, per cercarla. Dopo un’ora di attesa, gli viene consegnata una pila di fogli («che probabilmente pesava 5 chili») scritti a mano, e – sempre a mano – gli avvocati procedono alla ricerca della stessa, finchè non la trovano. E pretendono di conseguenza che fosse trascritta, come la prima.

Ma non è tutto. Facciamo un salto indietro. Otto mesi prima, la moglie di Gabriele partorisce una bambina. Sarà capitato anche a voi di vivere questa emozione: quella di Gabriele era così grande che – recandosi all’ospedale – si scordò di portare una macchina fotografica per immortalare i primi istanti di vita della figlia. Utilizza perciò il suo cellulare – nel quale c’è proprio l’unica scheda che utilizza da 18 anni (una Vodafone, per la cronaca) – per scattare qualche foto. Il cellulare però, verso aprile-maggio (quindi uno-due mesi dopo la partita in questione), si rompe. Si rompe il caricabatterie, e Gabriele decide di cambiarlo. Si ricorda però di aver scattato le foto alla figlia, e decide per questo di non buttarlo, ma di conservarlo. Così che un giorno, con calma, avrebbe potuto farsi recuperare le istantanee della figlia, e stamparle. In memoria, ci sono anche gli ultimi sms ricevuti dall’arbitro, che sempre per fortuna non furono cancellati.

Subito dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, l’arbitro chiama la moglie, le dice di prendere il cellulare col caricabatterie rotto, la manda ad un centro Vodafone, le fa acquistare un caricabatterie funzionante, e si fa leggere tutti gli sms in memoria. Tra i quali, per fortuna, c’è ancora uno ricevuto alle 20:56 (quindi durante la partita) proprio dal numero federale di Paolo Bergamo. Recita: «Fate attenzione, gol Juve in fuorigioco». Quindi è per quello che Bergamo voleva avesse un cellulare sicuro acceso con sè. Per comunicare durante la gara. E lo fa, tra l’altro, sottolineando un favore ricevuto dalla Juventus, quindi altro che complotto.. fa loro un cazziatone per l’errore.

Torniamo all’interrogatorio, in procura. Gabriele porta con sè il cellulare, e pretende che venga analizzato per trovare l’sms. Lo consegna alla procura. E viene, di contro, minacciato da Narducci («te lo sequestriamo») (ovviamente Gabriele si assume le responsabilità di questo racconto). Alla fine, comunque, l’sms viene acquisito. E trascritto anch’esso. E la procura di fatto rinuncia all’accusa di frode sportiva, persistendo con l’accusare l’arbitro Gabriele di sola associazione a delinquere.

In primo grado nel rito abbreviato, Gabriele è assolto anche da quell’infamante accusa. Il tutto solamente grazie alla sua memoria e alla sua brillantezza. Ma è così che dovrebbe funzionare quando si giudica la vita di una persona? E se avesse gettato il cellulare? E se non si fosse ricordato della telefonata fatta alla Fazi? E se Bergamo non avesse mandato alcun sms? Sono questi gli interrogativi seri che ogni cittadino dovrebbe porsi, altro che chi ha pronunciato Collina, se Bergamo o Facchetti. Ma, al solito, si continua a spostare l’attenzione e a non rendere giustizia a chi si è visto la vita rovinata.

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