Confronto Juve e Inter tra sanzioni su rapporti con ultras

Dopo il patteggiamento che ha portato ad una giornata di squalifica per Inzaghi e Calhanoglu e ad una multa di 70mila euro comminata all’Inter, molto blanda, la prima cosa che un po’ tutti noi abbiamo fatto in queste ore, oltre a fare riferimenti culinari a prodotti da forno tipici della mia zona e a bevande alcoliche color granato, ottenute dalla fermentazione del mosto dell’uva, è stato fare un paragone con quanto avvenne a seguito di un’inchiesta per certi versi simile, anche se non sovrapponibile, che riguardò la Juventus qualche anno fa. Ricorderete probabilmente l’inchiesta Alto Piemonte condotta dal 2014 al 2017 dalla Procura di Torino che si concentrò – fra le varie cose – anche sull’infiltrazione della Ndrangheta nella Curva bianconera. Quell’inchiesta portò ad una condanna sportiva per Andrea Agnelli e per alcuni dirigenti bianconeri che fu molto più pesante di quella dei tesserati dell’Inter di ieri.

In quel caso, la stessa magistratura che indagava sulla vicenda era perfettamente al corrente del fatto che nei confronti della Juventus vi fossero pressioni e finanche intimidazioni da parte di criminali anche mafiosi, e che la Juve operasse soprattutto con riguardo alla distribuzione dei biglietti, perché quell’inchiesta si basava sul bagarinaggio, in modo da evitare problemi di ordine pubblico o ritorsioni cercando di tenere a bada gli ultras e non farli contestare.

La giustizia sportiva, però, diciamo che si volle sostituire – tramite Giuseppe Pecoraro, allora procuratore federale – a quella ordinaria e si volle anche distinguere, se così vogliamo dire. Mise in piedi in fretta e in furia un processo sportivo contro Agnelli e la Juve non avendo però evidentemente ben chiaro il quadro d’insieme, che invece era chiaro alla procura di Torino che ha sempre escluso, lo ripeto, ogni legame con la criminalità organizzata da parte dei dirigenti bianconeri (altrimenti, ovviamente, sarebbero finiti non solo indagati ma anche a processo. E invece nessuno è mai stato nemmeno indagato).

Poi ci si mise, ovviamente, pure la politica, con la commissione antimafia presieduta dall’onorevole Rosy Bindi che si rese protagonista di un vero e proprio sputtanamento mediatico perché – diciamo le cose come stanno – si trattò di quello, con tanto di convocazione di Andrea Agnelli in commissione manco fosse un criminale. E qui fu addirittura accusato da Pecoraro, sulla base di un’intercettazione inesistente dove una frase del pubblico ministero di Torino fu invece per errore attribuita da Pecoraro ad Andrea Agnelli, senza che quest’ultimo l’abbia mai pronunciata. Una roba di una gravità inaudita, liquidata con un “è vero, risentendola non era Agnelli ma la sostanza non cambia” che un po’ fa rabbrividire. “Non cambia” insomma! Non dovrebbe funzionare proprio così.

Ma questo dimostra se vogliamo proprio la superficialità con la quale si svolsero quelle inchieste diciamo “extra-tribunali”. Superficialità più o meno deducibile anche da alcune dichiarazioni della stessa Bindi, che a commento di quella vicenda, e intendo dell’intercettazione inventata, disse “a noi basta sapere che le mafie in Italia arrivino persino alla Juve”. Così, totalmente decontestualizzato. Ovviamente fu un’inchiesta che non portò a nulla, inutile ribadirlo. Ma evidentemente davvero interessava solo poter legare in qualche modo la parola mafie a quella Juventus, senza sforzarsi di capire quali davvero fossero le problematiche e che in quel caso specifico la Juve fosse vittima di minacce e pressioni e non complice o addirittura attrice di comportamenti illegali. Quindi le mafie sì, ma un conto è esserne vittima e un conto è esserne complice. Direi che siamo su piani diversi, sui quali però si è giocato allora per colpire ancora una volta la Juve.

I bianconeri, a livello sportivo, vennero condannati sostanzialmente perché Andrea Agnelli non poteva non sapere – in quanto Presidente della Juventus – che ci fosse un’intensa opera di bagarinaggio compiuta dagli ultras con i biglietti della Juve, ultras controllati dalla ndrangheta. E avrebbe in qualche modo dovuto fermarli.

Per questo fatto, Pecoraro arrivò a chiedere 2 giornate a porte chiuse dello Stadium, un’ulteriore giornata con la Sud chiusa, 300mila euro di multa alla società Juve (che tra l’altro diventeranno poi 600mila in sede di giudizio, altro che 70mila…) e per Andrea Agnelli chiese 30 mesi di squalifica da estendere anche in ambito FIFA e una multa di 50 mila euro.

Ora capite che, al di là delle differenti responsabilità e peculiarità delle due vicende, che per carità sarebbe anche sbagliato sovrapporre perché ogni inchiesta è una storia a parte, e non vorremmo peccare si superficialità pure noi, ci troviamo comunque dinanzi ad un pugno duro incredibilmente violento nel primo caso, quello della Juventus, e in una carezza nel secondo, nel caso dell’Inter. E del Milan, perché ci sarebbe anche il Milan condannato.

E su questo ovviamente ci possiamo costruire tutti i ragionamenti che vogliamo. Perché davvero anche la tempistica di questa vicenda è molto favorevole all’Inter, mettiamola così. Perché la notizia esce l’1 maggio, con i giornali che il giorno dopo non escono in edicola. E la squalifica avviene prima di una gara contro il Verona, certamente sulla carta la più facile di questo finale di stagione nerazzurro.

Coincidenze, sicuramente, che però appunto balzano all’occhio se confrontate invece con quanto accadde alla Juventus.

Ci terrei però per completezza a ribadire come subito dopo l’inchiesta Alto Piemonte, che come detto si svolse tra il 2014 e il 2017, ci fu nel 2018 un’altra inchiesta, denominata Last Banner, sulla quale appunto si fa spesso confusione, dove la Juventus non solo ha collaborato attivamente con la procura di Torino, ma ha interrotto totalmente i rapporti con i gruppi ultras e ne ha anzi denunciato i capi direttamente e attivamente alla procura, portando poi ad una serie di arresti.

Insomma, diciamo che – per rifarci un po’ se vogliamo ad un post recente di Saviano che ha accusato di connivenza l’Inter (e il Milan) nei confronti di ultras criminali – la Juve da qualche anno ne ha preso totalmente e definitivamente le distanze, in maniera forte e decisa, attiva, vera. Alla Lotito. E questo andrebbe ricordato e rimarcato, quantomeno con la stessa intensità con la quale allora venimmo accusati, sputtanati e sbeffeggiati, con addirittura la politica che ci fece la morale. Ecco, la Juve dei passi reali, concreti, forti, li ha fatti. E per me – al di là delle condanne sproporzionate o meno – è questa la vera differenza tra le due vicende e tra il rapporto con gli ultras delle tre società.

Ora mi aspetto che anche Inter e Milan facciano dei passi concreti per prendere le distanze da certi personaggi e da certi modi di fare e che, in questo, copiassero la Juve.

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