Essere allenatore (ode a Conte)6 minuti di lettura

Gli schemi della Juventus sono molto belli, difficili ed affascinanti, sono d’accordo. Vedo però che c’è chi li esalta a mio parere capendoci poco del “perchè” funzionino, magari immaginando Conte semplicemente come un grande chef che inventa ricette in grado di cucinare solo lui e chi invece, ogni domenica, vorrebbe che si cambiassero gli ingredienti, come se fossero quelli e basta ad essere importanti e non la loro giusta cottura. Come se bisognasse insomma sorprendere gli avversari ogni volta per non farsi studiare e diventare prevedibili. Come se la ripetitività fosse un male. Come se ci fosse qualcosa di segreto o da poter tenere nascosto per sempre.

E’ bene allora che si inizi almeno tra di noi a dire le cose in maniera chiara: non è che Conte abbia la bacchetta magica o abbia “inventato” chissà quale misteriosa combinazione di passaggi vincenti stile PES. Non esiste purtroppo e, se anche esistesse, non sarebbe brevettabile. Se si trattasse solo di linee tracciate alla lavagna e numerini, ci vorrebbe abbastanza poco per capirli (e copiarli): basterebbe guardare 2-3 DVD delle ultime partite giocate e seguire per due settimane gli allenamenti su J|Tv e più o meno un’idea ce la si farebbe, pure piuttosto chiara. E, credetemi, ce l’hanno chiara tutti gli allenatori di Serie A (se è vero che chi tramite Sky chi tramite spioni la Juve l’hanno studiata tutti).

Gli allenamenti, poi, sono l’esatta trasposizione di quello che Conte chiede in campo ai suoi: stessi movimenti, stessi tempi di giocata, stesse diagonali, stessi tagli senza palla. Li osservi in tv e te li ritrovi eseguiti, uguali, in partita. Quante volte l’abbiamo visto? C’è davvero poco di misterioso. Chiellini per Bonucci, da Bonucci a Lichtsteiner saltando Barzagli, giunto sulla metà campo c’è il movimento o ad arretrare della punta o a venire incontro di un centrocampista e via (ovviamente sto semplificando per rendere il concetto).

Non è allora quello il punto. Come giochi la Juventus non è più una novità per nessuno. E allora dove starebbe il “trucco”? Perchè alla Juventus “gli schemini” riescono ancora, nonostante siano noti e quindi sia teoricamente possibile adottare delle contromosse? Perchè non c’è alcun trucco e il calcio non è come gli scacchi: è tutto, semplicemente, un discorso di “ESECUZIONE”, parola che non trovo mai scritta su blog e giornali sportivi e che invece è meravigliosamente bella e importante nello sport. Non sorridete, non è un’ovvietà: l’esecuzione è TUTTO. E’ ciò che rende un’idea (qualsiasi buona idea) funzionante o meno. E’ COME la esegui, molto più di COSA esegui. Ed è lì la vera bravura di Conte, che non vedo ancora emergere a sufficienza tra tattici e opinionisti: ormai, nel 2013, c’è poco spazio per “inventare” qualcosa di mai visto, nel calcio. Si prende spunto, si studia, si prova, ma alla fine la bravura di Conte è che ti allena perfezionando giorno dopo giorno la tua capacità di eseguire sempre più efficacemente quello che è disegnato sulla lavagna e che non cambia da allenamento ad allenamento (se non con piccoli, inevitabili, aggiustamenti).

A prescindere da quello che disegna, insomma, lui te lo fa fare bene. Avete presente il basket? Ci sono alcuni giochi a due e alcuni schemi che sono sempre quelli da cinquant’anni, eppure se li esegui bene restano tutt’oggi immarcabili (il pick-n-roll, per fare un esempio, Stockton e Malone lo eseguivano ad ogni azione o quasi, eppure “record all-time di assist” il primo e “secondo miglior marcatore ogni epoca” il secondo. E come funzioni lo sanno anche i ragazzini che fanno minibasket. Ma “there’s nothing more basic and yet nothing executed any closer to perfection than the Utah Jazz pick-n-roll”. “Executed”.). Conte in un certo senso è un allenatore di basket (o da sport americani, se preferite): ha il suo playbook e i suoi schemi (che sulla carta conosciamo tutti e che spesso abbiamo analizzato nelle analisi tattiche), gli allenatori avversari li conoscono eppure da due anni non ce n’è per nessuno. C’è allora da chiedersi perché.

Per carità: ha studiato tanto, Antonio, e si vede. Ha un concetto moderno di gioco, aspira ad un calcio totale giocato da 11 giocatori e non solo da centrocampisti offensivi e attaccanti, ha avuto tantissimo coraggio perchè – specie in Italia – se fai cose “diverse” dalla massa vieni subito etichettato come un “rivoluzionario” e ci vuole poco per passare immediatamente per “talebano”. Fa cose diverse, nuove, europee, moderne. E, soprattutto, ci vogliono due attributi così per riproporre quella sua idea anche alla Juventus (perchè farlo a Bari e Siena non dico sia facile, ma certamente è diverso).

Ma lo schema è semplicemente lo strumento che deve servire per fare acquistare sicurezza al calciatore (che sa sempre esattamente cosa fare perchè lo fa ogni giorno in allenamento e ogni domenica in partita) e che, se eseguito correttamente, funziona sia contro la formazione mista della partitella del giovedì di Agnelli e Nedved, sia contro il Bayern Monaco. Sì, pure il Bayern Monaco. Però devi eseguirli bene, cosa non fatta l’anno scorso da Matri e Quagliarella (e che magari, dovesse ricapitare un altro quarto con i tedeschi, eseguiremo meglio con Vucinic e Tevez e che eseguiremmo ancora meglio se avessimo Messi e Ronaldo in attacco). Conta il COME, e quindi anche il CHI ovviamente, perchè ci sono giocatori che sono più bravi di altri a farlo. Più uno è bravo, meglio esegue. Meglio esegue, più si vince.

“Perchè devo cambiare se vinco?” ripete ad ogni intervista Conte. Vuole dire appunto che per vincere non servono trucchi o novità, non serve “sorprendere” cambiando per il solo gusto di cambiare, non servono schemi e moduli “nuovi” (perchè si parte dal presupposto che non esistano schemi “vecchi”) o rivoluzioni da apportare partita dopo partita. Il che – non mi fraintendete – non vuol dire non dover cambiare mai (Conte è passato dal 442 al 433 e al 352, e chissà…), ma porre l’accento su altro: sull’avere un’idea chiara in testa, sull’avere i giocatori adatti per eseguirla e sull’esecuzione da migliorare con intensità, lavoro, sacrificio, attenzione, cura dei particolari. Questo è Conte: non solo corsa e motivazioni alla Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica, ma ricerca della perfezione giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, movimento dopo movimento, partita dopo partita. Una richiesta costante di qualità che comprende non solo la precisione dell’esecuzione, ma anche la qualità dei movimenti, delle “LETTURE” (altro termine chiave, anche questo molto cestistico), della sincronizzazione con i compagni, dell’intensità, della tecnica, dei tempi di gioco, della velocità. Si tratta insomma di eseguire “al meglio” un modulo e non banalmente di eseguire il modulo “meglio”. E Conte, se vince, è proprio perchè lo esegue “meglio di tutti”.

P.S. Si ringrazia “zio” Beppe Bergomi per l’ispirazione dell’articolo col suo “Tutto molto prevedibile nel gioco della Juve, movimenti scontati” pronunciato 2 minuti prima del gol della Juve, avvenuto eseguendo BENE proprio uno di quei movimenti prevedibili e scontati. Uno di quelli che “Il gol è un’azione che facciamo sempre in allenamento e quando ho visto la palla ero già pronto”, come da intervista post-partita di Pogba. Appunto.

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