Calciopoli. Dondarini e le varie versioni di Chievo-Fiorentina5 minuti di lettura

Vi ricordate Giancarlo Magalli? Il presentatore. Se la memoria non mi inganna, e mi scuserete, conduceva o conduce ancora un gioco nella trasmissione “I fatti vostri” dove il concorrente ad un certo punto deve scegliere la busta A, la B o la C. Oggi vi propongo un giochino simile, solo che non è un giochino. Riguarda la vita sportiva e non dell’ex arbitro Paolo Dondarini, uno dei protagonisti di Calciopoli, condannato a due anni dal GUP De Gregorio (lo stesso di Giraudo) nel primo grado del rito abbreviato. Faccio riferimento ad un solo capo d’imputazione, alla partita Chievo-Fiorentina 1-2.

BUSTA A

Così la sentenza della Corte di Appello Federale (CAF) presieduta da Cesare Ruperto a proposito della partita arbitrata da Dondarini che dolosamente favorì la Fiorentina negando un rigore a tempo scaduto al Chievo (ovviamente il tutto inserito nel contesto di salvataggio della Fiorentina dalla retrocessione, con coinvolti i Della Valle, Lanese e ovviamente Moggi e Bergamo. Quella parte ve la risparmio): per la Corte è illecito sportivo, art. 6.

Grazie alla pressante iniziativa di Mazzini era ottenuta la designazione dell’arbitro Dondarini della quale il Mazzini metteva al corrente il Mencucci (conversazione telefonica del 5 maggio 2005 ore 13:26 – prog. 12528) rivendicando per sé il merito della vittoria della Fiorentina e l’apporto determinante dell’arbitro Dondarini che, in effetti, nei minuti di recupero del secondo tempo aveva negato al Chievo un evidente fallo da rigorecommesso sul calciatore veronese Cossato (conversazione telefonica dell’8 maggio 2005 ore 16:59 – prog. 12779);

Per la sola cronaca, il fallo lo commise Ujfalusi, ed effettivamente ci poteva stare (mia valutazione personale).

BUSTA B

Di seguito l’interpretazione della Corte Federale presieduta da Piero Sandulli che derubrica ad art. 1 il comportamento dei soggetti protagonisti delle telefonate di “contorno” alla partita, e che assolve Dondarini perchè è impossibile dimostrare che l’illecito si sia davvero compiuto dolosamente (e che, insomma, l’errore non sia stato solo un errore).

La CAF ha ritenuto provate tutte le accuse d’illecito formulate con riguardo alla gara Chievo Verona-Fiorentina dell’8 maggio 2005 e concernenti, come già ricordato, Diego Della Valle, Andrea Della Valle, Sandro Mencucci, Innocenzo Mazzini e l’ACF Fiorentina SpA per condotte tendenti all’alterazione della gara e l’arbitro Paolo Dondarini per avere ricevuto ed accolto da Bergamo indicazioni e direttive specifiche circa il comportamento da tenere nel corso della stessa allo scopo di garantire un arbitraggio favorevole alla società toscana. I primi giudici hanno conferito peso determinante a colloqui telefonici intercorsi tra i vari incolpati (ad eccezione di Dondarini), che avrebbero avuto valore preparatorio del risultato illecito auspicato, e ad un colloquio telefonico, di poco posteriore alla gara avvenuto tra il Presidente Lanese ed un giornalista, di commento negativo della prestazione dell’arbitro, al quale, secondo lo stesso giornalista, sarebbero stati “mandati segnali”. Ora, la Corte ritiene, in accoglimento dell’appello degli incolpati, che manchi la prova sufficiente della commissione dell’illecito di cui si discute, fatte salve le precisazioni che seguono relativamente alla prospettabilità di condotte sanzionabili ex art. 1 CGS. In particolare, il giudizio di inadeguatezza probatoria deriva, in modo preponderante, dall’impossibilità di ritenere accertata la sussistenza del segmento tecnico. Ed infatti, nulla prova, né consente il sospetto, che l’arbitro Dondarini fosse stato messo al corrente dell’altrui disegno illecito, che vi avesse prestato, in qualsiasi forma, adesione, che egli abbia improntato a favoritismo verso la Fiorentina la propria direzione di gara, che il presunto (solo alla stregua di una malevola conversazione telefonica tra terzi) errore tecnico fosse viziato da dolo, né che fosse stato raggiunto da qualsivoglia “segnale”. Mancando, per le ragioni appena esposte, il segmento arbitrale – ciò che, ovviamente, comporta il proscioglimento di Dondarini dall’incolpazione per la quale è stato deferito, con conseguente riforma sul punto della decisione impugnata – viene, come effetto naturale, irrimediabilmente incrinata la prospettata struttura dell’illecito addebitato alle altre persone deferite, ai cui atti deve disconoscersi la necessaria efficacia causale al raggiungimento dello scopo. Ed invero, le varie conversazioni telefoniche svoltesi nei giorni immediatamente precedenti la partita avevano, ancora una volta, carattere generico ed alludevano sempre alla necessità che la Fiorentina si sottraesse all’incombente pericolo di retrocessione. Ma in nessuna di esse si parlava di interventi volti ad influenzare la designazione arbitrale; né vi sono, negli atti del processo, colloqui concernenti la designazione concretamente avvenuta o prove di interventi presso l’arbitro. Altrettanto generica si rivela la telefonata, post gara, tra Mencucci e Mazzini in cui verosimilmente si definisce “fallo di confusione” quello che non sarebbe stato fischiato dall’arbitro in area di rigore della Fiorentina: nulla prova che tale riferimento implicasse la mala fede o la connivenza di Dondarini, potendosi ragionevolmente presumere che l’affermazione fosse il prodotto dell’euforia per la vittoria della squadra di Mencucci. La Corte ritiene, tuttavia, uniformandosi al ragionamento già posto a supporto di decisioni relative a fattispecie analoghe, presenti in questo procedimento, che le condotte di tutti gli incolpati (ad eccezione, ovviamente, di Dondarini, la cui posizione appare assolutamente tersa e lontana da ombre di qualsiasi natura), rivelatrici di impropri, inopportuni ed eccessivamente confidenziali rapporti telefonici tra soci e dirigenti di una società ed il Vice Presidente Federale (che avrebbe dovuto essere garante della terzietà ed imparzialità della federazione, piuttosto che attivo sostenitore di una delle società affiliate e propulsore di ulteriori contatti tra Diego Della Valle ed uno dei designatori arbitrali) non possano non riverberare, nell’ottica dell’articolo 1, per la loro carica di slealtà e scorrettezza.

Personalmente, dalle carte a disposizione che si possono leggere, mi pare l’interpretazione più razionale e garantista. Non sta ovviamente a me formulare questi giudizi, ma una opinione è lecita darla.

BUSTA C

Così infine il GUP De Gregorio nelle motivazioni della condanna penale nel processo abbreviato di primo grado nei confronti di Dondarini. Vi riporto solo un estratto, pag. 157.

D’altra parte in questa fattispecie deve sottolinearsi che Dondarini, annullando un gol al Chievo per motivi non chiari ed addirittura nei minuti di recupero, adottò una decisione determinante del risultato favorevole alla Fiorentina e compatibile con la ritenuta sua parzialità.

Siamo al gol annullato, mai segnato!!

Anche questa è, se volete, Calciopoli. Anche questa è, se volete, una delle motivazioni della sentenza di condanna del GUP De Gregorio.

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