Sulle parole di Sarri, cambierei per una volta prospettiva3 minuti di lettura

Ho letto tanti articoli sulla vicenda Sarri-Mancini: alcuni che accusavano il tecnico interista di essere un vergognoso infame, altri che chiedevano squalifiche per Sarri, altri che accusavano chi faceva la morale, altri che accusavano chi accusava di fare la morale.

Pochi, però, hanno analizzato le parole a prescindere dalle conseguenze sportive, delle quali francamente m’importa poco. Pochi hanno ricordato come i pregiudizi sociali svolgano un effetto modellante sugli adolescenti. Ed è quello il problema, l’unico, che in Italia non viene mai affrontato buttandola sempre in rissa.

I pregiudizi omofobi, iniziamolo a scrivere, influenzano enormemente i ragazzini che iniziano a vivere la propria sessualità. Fin da piccoli, infatti, percepiscono intorno a sé tutti gli atteggiamenti negativi sia espliciti che subdoli nei confronti dell’omosessualità e finiscono – dicono gli psicologi – per costruire di riflesso un’immagine negativa degli omosessuali fino a sfociare poi a loro volta, già dalla giovanissima età, in atteggiamenti volontari o inconsci di omofobia verso gli altri. Non solo: se omosessuali, tale rifiuto e distacco avviene anche verso se stessi. Questa distorsione del naturale processo di formazione della personalità è tanto più influente infatti proprio nei gay e nelle lesbiche in quanto crescono generalmente senza modelli positivi di riferimento e nella maggior parte dei casi senza poter trovare nella famiglia d’origine un adeguato supporto.

Tradotto in soldoni: il ragazzino che sente Sarri in televisione dichiarare che “il calciatore rappresenta una maglia, un tifo e non siamo pronti come società ad accettare un suo coming out” (febbraio scorso), ne viene sì influenzato. Impara l’omertà. Impara a nascondersi “che è meglio per tutti”. Il ragazzino che sente Sarri in conferenza dichiarare che hanno trasformato il calcio in “uno sport per froci” (2014), percepisce in maniera immediata l’inferiorità del “frocio” rispetto al “maschio” (“gioco da maschi”). Non c’è esempio più immediato ed impattante di questo, per un adolescente. Addirittura, il “frocio” non dovrebbe giocare a pallone, il suo sport preferito. Rovina il gioco del calcio.

Allo stesso modo, quindi, il ragazzino che sente Sarri che insulta Mancini con i termini “frocio” e “finocchio”, realizza sin dalla giovanissima età come essere “frocio” o “finocchio” sia un qualcosa di sbagliato. Peggio di essere “stronzo”. Talmente vergognoso che viene usato come insulto subdolo e dallo stesso quasi ci si nasconde tirando poi indietro la mano, tra “Non ricordo…”, “se l’ho detto”, “ma non volevo..”. Uno “stronzo”, almeno, lo si dice in faccia e non ce lo si rimangia. “Frocio” invece è quell’insulto che si dice per entrare nella testa dell’avversario e farlo sbottare al pari di un insulto alla sua mamma, per poi negare e paraculamente tirare fuori il classico “ho avuto amici gay”. E’ quell’insulto che fa discutere, che fa casino, che finisce su tutti i giornali. Quindi è “grave”. Quindi, se voglio insultare qualcuno, è l’insulto giusto. Quindi, se sono omosessuale, sono peggio di uno “stronzo”.

La questione è in questi termini. Possibile non lo si voglia capire?

Poi si può discutere sul Mancini infame, sul Sarri ignorante piuttosto che omofobo, sul fatto che le parole di campo non debbano uscire fuori, ecc.

Liberi di e francamente chissenefotte.

P.S. Come detto, m’importa poco delle conseguenze sportive, ma spero Tosel non scelga davvero di giustificare un’eventuale linea morbida sostenendo come dare del “frocio” a qualcuno non sia discriminazione (“perché Mancini non è notoriamente gay”): avrebbe, tale motivazione, se possibile un impatto ancora più negativo delle parole di Sarri, proprio per quanto sostenuto finora.

Significherebbe non aver capito davvero nulla.

Appunto.

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