Il #Pogback? Una cafonata, ma legittima4 minuti di lettura

Qualsiasi giudizio sulla decisione di Pogba non può che partire da una premessa: ogni sportivo ha il sacrosanto diritto di scegliere il proprio destino, incluso Pogba. È la sua carriera ad essere in ballo e le scelte prese hanno conseguenze dirette sulla sua vita e la sua professione, i suoi cari, la sua famiglia. Ci vuole rispetto anche quando – come in questo caso – da tifoso fa male al cuore.

Ha scelto l’Inghilterra per soldi? Forse. Ma, anche fosse, poteva. A parole siamo tutti bravi a rifiutare milioni che non ci vengono offerti. Poi, messi alla prova, per 100 € in più al mese e le stesse mansioni cambieremmo la ditta per la quale lavoriamo da una vita senza batter ciglio. I soldi contano. Guadagnare una ventina (o quanti saranno) di milioni in più è motivo più che sufficiente per cambiare “datore di lavoro”.

Ha preferito la Premier alla Serie A? Ci sta. Il Manchester alla Juve? Gusti.

Avrebbe potuto “aspettare un altro anno”, leggo a molti di voi. Già. Avrebbe potuto provare a vincere la Champions con noi (e qui parla il tifoso). Avrebbe potuto scegliere il Real Madrid o il Barcellona per continuare il suo percorso di crescita professionale (e lì si alza le mani, essendo club superiori a noi sia sotto l’aspetto economico che quello sportivo, in questo momento). Avrebbe potuto scegliere tante altre cose, incluso restare alla Juve e prolungare, ma non è questo il punto. Ha scelto il Manchester United, Juve e Manchester hanno trovato un accordo, fa parte del calcio e lo si accetta.

Il punto non è la decisione: è il come.

Quello del calciatore è un mestiere che, a differenza di tanti altri, non si basa sul solo rapporto tra professionista e datore di lavoro: ci sono di mezzo anche i tifosi, che a conti fatti finanziano entrambi. Non si dovrebbe mai prescindere dal rispetto che si deve loro, e Pogba l’ha fatto.

Ha giocato tutta l’estate assieme alla Adidas e al suo procuratore Raiola (che però non ci dovevano nulla) col blah blah blah, con foto instagram ambigue, regalando maglie della Juve fino al giorno prima, prestandosi ad un’operazione commerciale stupida e insultando tramite procuratore i giornalisti che lo davano allo United (per poi andarci). Insomma, ha apparecchiato tutto per una Decision in stile LeBron James, spettacolarizzando tutto il processo e monetizzando persino un’estate di “vacanze”.

Ci sono due differenze però rispetto al già criticabile comportamento che assunse la stella NBA, da allora e fino al suo ritorno a Cleveland divenuto per questo “il cattivo” dello sport professionistico americano per eccellenza.

La prima differenza è che lui, Pogba, era ancora sotto contratto.

La seconda, anche peggiore, è che lui la Decision, invece di annunciarla in diretta tv, ha lasciato che fossero un account twitter dell’Adidas (che rispondeva ad un tifoso o finto tifoso) prima e qualche frame di una pubblicità poi a comunicarla al posto suo. Ed è stato un tweet del Manchester United ad avvisarci che fosse atterrato a Manchester per le visite mediche, mentre lui si limitava a scrivere “When too many people talk nobody understands”, erede di quell’altrettanto infelice “We say it all by saying nothing at all”.

No, Paul.

Non si tratta di capire la tua scelta. Come detto, non è necessario: eri libero di scegliere, l’hai fatto e fare la vittima, proprio per questo, sarebbe piuttosto patetico.

E’ che un uomo e un professionista che si rispetti e che rispetti i propri tifosi, lo avrebbe fatto con più classe e correttezza, non giocando con le parole tutta l’estate e mettendoci la faccia. Sarebbe bastato, invece dell’ennesimo tweet stupido e programmato da tempo assieme a qualche impiegato dell’ufficio marketing, scrivere semplicemente: “Ho scelto per me e la mia carriera di accettare la proposta del Manchester United”. Punto. Avresti anche potuto spiegarne i motivi, ma non era necessario. Avresti anche potuto ringraziare i vecchi tifosi, ma anche questo ormai contava poco (per 100 e passa milioni di euro, ti si perdona tutto). Ma il gesto di comunicare la propria decisione, dopo tutto il teatrino fatto, quello spettava a te. Possibilmente, prima della conferenza stampa ufficiale, altro evento mediatico programmato e sul quale speculare ancora una volta.

In assenza di ciò, ti sei dimostrato un ragazzo di grande talento col pallone e non, ma che non ha capito bene il mondo nel quale lo esprime. Non si tratta di rosicare: è che si prende atto, io almeno, di una cafonata gratuita che comunque non sposta di un millimetro il diritto alla decisione presa. In mezzo a social media manager, ufficio marketing, procuratori, pubblicità e hype mediatico, un pizzico di Pogba (il ragazzo, quello vero) e di sentimenti avrebbero reso più “umano” il tutto.

Peccato.

Adieu e buona fortuna.

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